giovedì 30 aprile 2020

Chi sei Signore?


“Chi sei, o Signore?”
Un incontro all’origine della fede di Paolo, che illumina la sua condizione di peccatore ma non lo schiaccia. Paolo dal profondo trova la sua vera identità trova la vera fonte in Gesù: che grandi Grazie ci fa il Signore.



 Gesù desidera - per tramite di Maria - concedere grazie particolari. Il Figlio di Dio, di Maria, è contento se ci affidiamo a Lui . 
Oggi è anche il primo venerdì del mese: come non ricordare l’affidamento al Cuore di Gesù?
In ogni istante, quando si hanno delle difficoltà, non si deve avere paura, poiché Maria ci ama anche quando siamo lontani da lei e dal suo Figlio. 
Prego, per non permettere che il cuore di Maria pianga lacrime di sangue per la mia anima e per tutte quelle che si perdono nel peccato. Perciò chiedo la grazia in questo mese Mariano , in questo tempo forte, di pregare, pregare, pregare!
Un pensiero anche a San Giuseppe lavoratore, santo potente che ci aiuta ad incontrare Gesù.

mercoledì 29 aprile 2020

Tutto dal Padre con la Regina della Pace

Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre



Ti prego 🙏 Signore perché io creda che tutto proviene dal Padre. 
Domani inizia un tempo forte, il mese Mariano. Nessuno come Maria ha mai creduto alla forza di attrazione del Padre, all’amore dello Spirito Santo, alla mediazione di Gesù.

Desidero pregare 🧎‍♀️ nella solitudine lo Spirito Santo affinché rafforzi me e le parrocchie nella fede e nella fiducia in Dio per poter essere  degno testimone dell'amore che Dio regala attraverso la  presenza di Maria.

Attraverso la preghiera col cuore, la fede e le opere desidero comprendere che cosa significhi vivere una sincera vita cristiana. Spesse volte la vita ed i cuori sono presi da tenebra, dolore e croci. 

Prego per non vacillare nella fede e non domandarmi  tanti perché pensando che sono solo e abbandonato ma desidero aprire il cuore, pregare e credere fermamente e allora il cuore sentirà la vicinanza di Dio, e che Dio non ci abbandona mai e che è a  fianco in ogni momento. 
Attraverso la preghiera e la fede, Dio risponderà ad ogni perché e trasformerà ogni dolore, tenebra e croce in luce

lunedì 27 aprile 2020

Maria regina della Pace

voi opponete sempre resistenza allo Spirito Santo.



Desidero pregare nella solitudine lo Spirito Santo affinché vi rafforzi tutti nella fede e nella fiducia in Dio per poter essere i degni testimoni dell'amore che Dio ci regala attraverso la presenza di Maria.

La nostra fede e la confidenza nel Padre Celeste sono rose profumate che offriamo alla Madonna: il bouquet di rose più bello, formato dalle nostre preghiere, da opere di misericordia e di carità.

Ma egli, pieno di Spirito Santo, fissando il cielo, vide la gloria di Dio e Gesù

Anche gli occhi devono essere purificati dallo Spirito Santo, per vedere Dio in azione che manda a noi l’opera da compiere, e a noi, come Maria, il piacere di accoglierla.
Siamo Apostoli dell’amore di Maria, che è l’amore di Gesù. Noi che cerchiamo di seguire suo Figlio sinceramente e con cuore puro, noi che sinceramente lo amiamo, dobbiamo essere noi ad aiutare:  un esempio per coloro che non hanno ancora conosciuto l’amore del Figlio di Maria.

«Signore, non imputare loro questo peccato». Detto questo, morì.

Come  figli di Dio affidati a Maria, con Santo Stefano, chiediamo di essere testimoni non soltanto con le parole, ma anche con opere e sentimenti puri, mediante i quali glorifichiamo il Padre Celeste. 
Sono sicuro che questo sia un tempo di veglia e la Madonna  richiede amore; di non giudicare nessuno, poiché il Padre Ceste giudicherà tutti. Chiede  che noi amiamo, che diffondiamo la verità, poiché la verità è antica: essa non è nuova, essa è eterna, essa è la verità! Essa dà testimonianza dell’eternità di Dio. La Mamma del cielo ci domanda di portare la luce di suo Figlio e di squarciare la tenebra che sempre più vuole afferrarci. Maria ci dice: “Non abbiate paura: per la grazia e l’amore di mio Figlio, io sono con voi!”

domenica 26 aprile 2020

Discepoli di sempre

Mentre camminiamo, nella vita di tutti i giorni Gesù non ci abbandona. Se prendiamo una direzione contraria, se mi incammino verso una strada sbagliata Lui è sempre con me e con noi, si affianca, ci ascolta. 
Apre una nuova porta; le ferite diventano feritoie dove passa la Grazia.



Non c’è momento in cui io possa dire: “Gesù mi ha abbandonato, sono perduto”.
Quando i miei pensieri si fanno scuri lui mi parla perché la coscienza si svegli.

Questo tempo di Pasqua, tutto il tempo della vita, sia per me è per tutti noi un'esortazione alla conversione personale. Desidero pregare nella solitudine lo Spirito Santo affinché mi rafforzi e sostenga il mondo nella fede e nella fiducia in Dio per poter essere i degni testimoni dell'amore che Dio ci regala attraverso la presenza di Maria. 
Come per i discepoli di Emmaus non voglio permettere che le prove induriscano il cuore e che la preghiera sia come un deserto. 
Gesù ascolta i suoi discepoli e li esorta: la forza della confessione.

I discepoli raccontano al viandante i misteri della vita di Gesù ed egli è con loro: la forza del Rosario.

Il cuore dei discepoli ardeva durante l’ascolto delle Parole del Maestro, e gli occhi si aprirono quando spezzò il pane: la forza della lettura della Bibbia e della Messa.

Una mensa dove c’è al centro il pane Eucaristico, solo il Pane vero disceso dal cielo: la centralità di Gesù nella mia vita attraverso anche il digiuno. (Io sono in piedi per la preghiera offerta a me da una  malata con sofferenze atroci che offre tutto a Gesù per me....cos’è a confronto rinunciare a un pasto?)

Essi poi tornarono pieni di gioia ed annunciarono il Crocifisso/Risorto: La gioia della testimonianza e della carità.

Prego il Signore perché tutti possiamo essere  il riflesso dell'amore di Dio, per poter testimoniare Gesù Risorto con la vita . Maria è con noi e ci ama tutti con il suo  amore materno..

venerdì 24 aprile 2020

Regole del Discernimento. Prime due regole

Regole del discernimento




Sant’Ignazio di Loyola, durante la sua vita, ha redatto delle regole che sono dette di “discernimento”.

La prima cosa importante da tenere presente che non è un metodo per giustificare il male, o per vedere il bene in ogni cosa. In poche parole, con il discernimento non decido io cosa è male o bene, in modo del tutto autonomo.
Non è quindi discernimento mettersi a verificare se un omicidio, un furto, un adulterio ecc, sia o non sia una cosa giustificabile. 

Su questi aspetti della vita morale abbiamo visto quanto è importante l’esame della coscienza, sia quello particolare, sia quello generale. Su questo tema vi rimando all’articolo che ho già scritto.
Ciò che mi preme dire che la vita morale è oggettiva, cioè ciò che è male è male. Può essere diversa la responsabilità della persona e comunque la persona va sempre salvata, ma non si può fare discernimento su ciò che è male per capire se in una situazione sia invece un bene.

Il discernimento è un metodo che serve allora  per essere veramente liberi e che si sviluppa imparando a sentire i movimenti che ci sono nel cuore: rimorsi o piacere, incoraggiamento o senso di fatica.

Per poter fare discernimento occorre una vita di grazia, e comunque è un metodo che si propone a chi desidera seguire il Signore. I movimenti interiori sono ben percettibili proprio quando ci si decide per Dio e si inizia a seguire la strada del Vangelo.

L’obbiettivo del discernimento è quello di imparare a Sentire quello che si sente: si tratta con coscienza di vedere se un determinato sentimento che si prova in una situazione specifica della vita viene da Dio oppure no. Una volta compreso questo si è in grado di  decidere. Questo si chiama Libero arbitrio.

Ignazio di Loyola ha compreso che nel nostro cuore si animano degli “spiriti”, ciò delle mozioni, indirizzano la persona verso una determinata direzione ogni volta che si decide di seguire il Signore. Ci sono degli “spiriti” che vengono da Dio e degli “spiriti” che vengono dal maligno.

Vediamo ora due regole fondamentali del linguaggio base del “Discernimento degli Spiriti”. Le altre regole del discernimento le affronterò nei prossimi articoli.

Prima regola

Quando facciamo il male cosa fa il nemico e cosa fa invece Dio?

 Cioè quando una persona va di male in peggio, se una persona compie quello che gli capita, quello che “vuole”, quando la sua regola e “va dove ti porta l’istinto”, come si comportano gli “spiriti”?

PRIMA REGOLA
Quando va di male in peggio, il messaggero cattivo di solito ti propone piaceri apparenti facendoti immaginare piaceri e godimenti, perché tu persista e cresca nella tua schiavitù. Invece il messaggero buono adotta il metodo opposto: ti punge e rimorde la coscienza, per farti comprendere il tuo errore (ES, n. 314).


L’angelo cattivo ti propone piaceri apparenti:  si tratta di solito di piaceri connessi alla soddisfazione dell’istinto. 
Il piacere non è un male, questo va precisato. Il Signore ci ha donato il piacere.
All’istinto è connesso il piacere, ma l’uomo non è solo istinto.

L’inganno è che L’uomo confonde il piacere con la felicità.  
Non confondere piacere e felicità. Il piacere è soddisfazione dei propri bisogni - oltre quelli del corpo, ci sono anche quelli della mente e del cuore! - , prescindendo dalla relazione con l'altro. La felicità è la soddisfazione che viene da una relazione: è apertura, amore verso l'altro. Nessun piacere appaga l’uomo, perché è fatto per amare. 



Si tratta di tenere  presente che  è faticoso essere uomo: hai dei doveri, dei compiti, devi stare in relazione. La cultura, se ci pensiamo nasce da ciò che è sottratto a un piacere istintivo.
Se avessimo seguito gli istinti sin dalle origini, oggi saremmo ancora a giocare sugli alberi.
L’essere umano è invece all ricerca della felicità. Certo, anche la felicità è piacere, ma è diversa, perché non è solo apparente.
Mentre il solo piacere, sconnesso dalla felicità, cioè da un orizzonte lungo, che implica anche il sacrificio, sembra darti una grande felicità immediata, la vera felicità virtuosa ha tutt’altro orizzonte
L’apparire, essere stimanti, essere al meglio è ad esempio un piacere che non soddisfa, come una vita affettiva slegata dalla relazione stabile, l’affermazione di sé. Sono tutte cose che sul momento piacciono, ma poi sono voraci: c’è bisogno sempre di più, fino alla dipendenza o addirittura alla schiavitù

Ribadisco che il piacere non in assoluto male, ma se non è connesso a una virtù allora non è vera felicità. 

Per capire se ciò che ti attira è bello o brutto, dolce o amaro, bene o male, canto delle Sirene o di Orfeo, vedi sempre "il dopo", anche dall'esperienza altrui, oltre che dalla tua: se dà gioia anche dopo, è da Dio, se dà rimorso, è dal nemico.
Il bene lo paghi subito, ma meno di quello che pare; 
il male lo paghi dopo, e ben più di quanto supponi. Il bene lo paghi prima, ma poco, e ti appaga tanto; 
il male è offerto gratis, ma lo paghi dopo e tanto, e non ti appaga per niente.

Allora cosa fare? 

Intanto, se una cosa o una scelta piace, dobbiamo aprire le orecchie perché c’è subito un campanello che suona. E lo si nota dal fatto che non è piacere connesso a virtù, a una crescita.
Di fatto il piacere a se stante non porta soddisfazione: di solito c’è assuefazione, c’è ricerca di avere sempre di più, si diventa schiavi degli occhi altrui ad esempio.

Cosa fa Dio?
Ti da il rimorso, che non è il senso di colpa. Chi fa il male e non sente rimorso non è normale; una persona che spesso si giustifica va curata. 
Il Rimorso che proviene da Dio ti fa cambiare ti morde.

Distingui bene tra colpa e rimorso.
I sensi di colpa che hai, perché non sei quello che vorresti o dovresti essere, sono bloccanti e mortiferi. Tacitali, se puoi, o fatti aiutare, se necessario. Se non riesci a peccare, va’ dallo psicologo e curati; se hai peccato, va’ dal prete e riconciliati.

Il rimorso invece, che hai per il male fatto, ti distingue dall'animale. Non tacitarlo, ma ascoltalo. È stimolante e salutifero: è tristezza che viene da Dio e porta alla vita, a differenza della depressione che il nemico tenta di inocularti per rinchiuderti nel tuo bozzolo di morte (cf 2 Cor 7, 8-10)!
A questa regola, come poi a tutte le successive, applica la premessa: avverti e riconosci la voce del nemico, avverti e riconosci la voce di Dio, per accogliere questa e respingere quella.








Seconda Regola
Quando invece vuoi uscire dal male

Quando ti impegni per uscire dal male e cerchi il bene, è proprio del messaggero cattivo bloccarti con rimorsi, tristezze, impedimenti, turbamenti immotivati che paiono motivatissimi, perché tu non vada avanti. È proprio invece del messaggero buono darti coraggio, forza, consolazioni, lacrime,ispirazioni e pace, rendendoti facili le cose e togliendoti ogni impedimento,perché tu vada avanti (ES, n. 315).

Il maligno ti da rimorsi, tristezza, impedimenti immotivati purché tu non vada avanti

Il nemico, che prima ti faceva apparire bene il male per invogliarti, ora ti fa apparire male il bene, per distoglierti; e ti tenta con mille ragioni, false o vere: sensi di colpa e scrupoli presi per giusti rimorsi, tristezze e incertezze, turbamenti e angustie, sfiducie e scoraggiamenti, così il bene pare difficile, anzi impossibile! Avverti il male che hai fatto o subìto come impedimento insormontabile a cambiare. Dio, al contrario, che prima ti distoglieva dal male col rimorso, ora ti invoglia al bene con la sua consolazione: ti dà coraggio e gioia, forza e lucidità, pace e fiducia - tutto è possibile e facile! -.

Quando Israele uscì dall’Egitto iniziarono le tentazioni; quando Gesù ricevette il battesimo nel Giordano subito dopo iniziarono le tentazioni.
Se una persona non ha tentazione è perché di fatto sta facendo il male, non sta seguendo lo Spirito.
  • Sir 2,1 Figlio mio se ti appresti a servire il Signore sappi che dovrai subire tentazione
  • Giacomo 1,2 Considerate perfetta letizia quando subite ogni sorta di prova ... perchè le prove arricchiscono, fanno crescere.
leggi anche questi versetti di Paolo Rom 7,14 Gal 5,17

Anche l’oro viene purificato dell’oro, dice San Paolo, figuriamoci allora la fede che vale più dell’oro

Teniamo presente che tutta la vita di Gesù è stata tentazione, ed una persona che non ha queste tensioni vivacchia come può, è un Beato/Beota.

I rimorsi vengono dal nemico quando vuoi uscire dal male, ed i turbamenti che il nemico da sono ragionevoli, Infatti la cosa importante è non dialogare con il maligno, il quale cercherà di farti ricordare il tuo passato purché tu non vada avanti. 
Il maligno ti porterà a ragionare, dicendoti motivazioni valide, magari legate alle tue caratteristiche facendoti dire che “sei fatto così e non puoi cambiare”.
Susciterà in te la parola “ormai”, oppure “fanno tutti diversamente, tutti bevono, tutti litigano, tutti convivono”. 

Se Pietro avesse visto tutti i fallimenti non sarebbe andato avanti: invece ha addirittura dato la vita per il Signore

Sant’Ignazio quando ha iniziato al cammino ha pensato che non ce l’avrebbe mai fatta, e c’erano nel suo cuore delle motivazioni ragionevoli legati alla sua storia mondana

Il messaggero buono ti da invece la forza, il coraggio, gioia, perchè tu vada a vanti. La cosa fondamentale è avere fiducia nel Signore.
Si avvertirà una grande pace pensando al percorso che uno ha intrapreso. Questo coraggio viene dalla preghiera, dal vivere alla presenza del Signore con grande pace.



In noi c’è sempre un sentimento o l’altro, piacere o dispiacere, si tratta di imparare a conoscere cosa mi suggerisce questo sentimento.

martedì 21 aprile 2020

uno spazio di felicità

Giovanni, 3,7-15

Dopo il grande giorno di Pasqua inizia per la comunità dei credenti nel Signore risorto la lunga notte dell'attesa. 
Una attesa che per l’apostolo ha il punto di partenza nella manifestazione della gloria di Dio che è già la Croce. 



I Padri chiamavano il tempo che va dalla festa della Resurrezione a quella di Pentecoste, il laetissimum spatium, cioè uno spazio di felicità, nel quale i neo-battezzati erano chiamati a scoprire l'ebbrezza della Vita nuova in Cristo. 

Naturalmente questo tempo offre anche a coloro che già sono rinati nel fonte battesimale, l'occasione di rispolverare il desiderio più grande, quello di ricevere il dono dall'alto, lo Spirito Santo promesso dal Signore Gesù, quella potenza d'amore capace di fare Nuove tutte le cose e tutte le situazioni. 
In questo periodo è davvero bello ogni giorno rinnovare le promesse del battesimo, bagnandosi con l’acqua benedetta; periodo anche delle scelte nuove che lo Spirito suscita. 
Corroborati dalla memoria del battesimo, felici per il dono della Pasqua, desideriamo che la luce del Cricifisso Risorto si riverberi in opere nuove, in una riconciliazione, in un perdono chiesto e dato, in una opera di misericordia.

La figura di Nicodemo ci prende per mano in questi giorni, per ridestare in noi lo stupore di fronte alla possibilità e anche alla necessità di entrare in una vita completamente nuova, grazie all'intervento della misericordia di Dio. 

Nascere dallo Spirito significa vivere a partire dall'intima convinzione che l'amore di Dio è una fedeltà a noi così forte e così fedele che nemmeno il peccato e la morte possono distruggere. “Grande e’ il nostro peccato ma più grande è il tuo amore”; “dove ha abbondato la colpa, ha sovrabbondato la grazia”.

Quando questa fiducia dimora in noi stabilmente si possono fare delle scelte nuove non più fondate sulla paura di perdere e di sbagliare, ma sul desiderio di donare e di spendersi. 

Per questo Gesù paragona i redenti al vento, questa invincibile e invisibile potenza di cui ignoriamo l'origine e la destinazione proprio come la vita nuova nello Spirito, un mistero di cui non si può autonomamente disporre e nel quale ci si deve continuamente immergere con coraggio e creatività.

Il popolo di Israele nel deserto doveva guardare il serpente di rame fatto da Mosé per poter essere salvato: un atto di fede: alzare lo sguardo. Il popolo dei discepoli di Cristo ha bisogno anche di credere all'infinito amore che la Croce significa e comunica. Alzare lo sguardo alla croce: si vederla appesa il casa, tenerla per mano prima di coricarsi, rendergli gloria  confessando i peccati.

Solo a partire da questa esperienza può fiorire quello che accadde agli inizi della Chiesa, quando la condivisione era il modo più spontaneo e limpido di risorgere, non solo a parole ma coi fatti e nella Verità.
Essere rigenerati dall'alto e imparare dal vento significa entrare in una fiducia tale nella realtà e nella Storia, che il desiderio di provvedere ai bisogni degli altri diventa naturale così come quello di manifestare i propri nella gioia e nella libertà dello Spirito.

Vorrei concludere però con una altra cosa che in me è suscitata dalle scritture. Ci sono dei grandi inganni che possono davvero deviare la mia vita. Alcuni autori oggi dicono che sia importante non più domandarsi: “chi sono io” ma invece dire “ per chi sono io”. Sì è importante orientarsi al prossimo ma il fondamento delle mie relazioni è nella grande risposta alla domanda: “Chi sono io”. 
Chi sono? Io appartengo a Dio. 
È questa la relazione fondativa della mia identità: io sono di Cristo, comprato a caro prezzo!!!! 
Forte di questa identità posso vivere ogni situazione: “tutto posso in colui che mi da forza “ . Chi sono Io? Non una domanda narcisista, ma un essere riconosciuto, fuori dalla cruna dell’ego, da Dio ed esserne consapevole. Poi verrà il per chi sono.

Altro grande inganno: “fanno tutti così “. Doppio inganno perché intanto non è vero che tutti fanno così. Inoltre perché non lascia spazio allo Spirito che soffia, che ci rende unici, originali 

Sulla soglia

Di corollario al primo incontro

Amare l’altro come altro





Il conflitto è qualcosa che si verifica nella vita sociale e certamente anche nella vita di coppia. La nostra epoca multiculturale, aperta alle prospettive globali, fa sempre però esperienza del nichilismo distruttivo. Ogni volta che si tratta di accogliere qualcuno nella propria vita, ecco ergersi delle barriere, delle regole per difenderci. Come mai tutta questa paura? 

A me pare che sia normale avere paura e bisogna rendersene conto, ma altro è lasciarsi da questa vincere. C’è in noi un istinto alla conservazione che va al di là della preservazione della sola vita biologica. Noi non siamo solo un insieme ordinato di organi che vive in un habitat determinato. Abbiamo un mondo, se così si può dire, che è nato e si è sviluppato con noi  a partire dal nostro concepimento. Un cosmo di relazioni, esperienze pregresse, emozioni, modalità di stare e vivere. Questo mondo ci da sicurezza e l’incontro con l’altro lo mette in discussione.

Come fare per evitare le tragiche conseguenze di un conflitto che via via può crescere?


Prendiamo le prime mosse dalla considerazione che ognuno di noi vive in un mondo che gli è proprio, vi cioè un mia realtà. Esiste però anche la realtà dell’altro. Per avvicinarmi all’altro devo aprire una soglia davanti alla mia casa, un limes-limen, cioè un luogo, una agorà per affacciarmi da ciò che è di per sé è il mio confine ma che può diventare il sagrato, il cortile dei gentile dove fare l’esperienza della relazione. Uno spazio nuovo, una soglia davanti alla porta.

Una relazione di amore con l’altro necessità allora di una architettura spaziale che non è data per scontata. Occorre quindi fare un passo in più per amare l’altro, con chi non proviene della mia famiglia, ma appartiene  a un’altra tradizione e cultura. Questo spazio è la nostra identità relazionale.

La formazione della identità relazionale è una questione decisiva per compiere uno sviluppo della nostra umanità.

È compito nuovo che si affaccia quando si decide di incontrare l’altro nella prospettiva anche di un matrimonio, o nel vissuto di un amore sponsale, o tra fidanzati.

Spesso immaginiamo l’incontro con l’altro come condivisione di beni, di idee. Ma questo non ancora lo spazio che rende possibile l’avvicinarsi dell’altro come l’altro. Non è una condivisione di uno spazio, questo da solo l’illusione di essere prossimo. 

L’apertura di una soglia per l’approccio all’altro è primariamente possibile  solo se siamo fedeli a noi stessi. Possiamo dire che senza la conoscenza e fedeltà a noi stessi, perdiamo la nostra identità e la perfezione dell’incontro. Per poter andare verso l’altro in un mondo che dovrà essere nuovo, devo conoscere lo spazio che già abito. Devo cioè capirmi, sapere cosa mi fa bene, essere felice di chi sono.

Andare poi verso l’altro implica l’allestimento di un fuori di noi, ma una soglia prevede una porta e dietro la porta una stanza.

Un modo per allestire lo spazio esterno è il silenzio. Il silenzio è in qualche modo la parola della soglia che permette di accogliere l’altro nella sua alterità.
Il silenzio apre alla vera comunicazione e al dialogo e non alla semplice trasmissione di informazione che è un pericolo dei nostri tempi. Comunicare non significa solo  parlare e scrivere, ed il silenzio ci insegna a comunicare, perché nel silenzio ascolto l’eco della mie parole, la risonanza delle parole dell’altro. 
La relazione tra due soggetti non puoi partire allora solo  da un senso comune condiviso, ma da un silenzio per lasciar esser l’altro: il silenzio di fatto è uno spazio  vergine per permettere l’incontro. È anche uno spazio per accogliere qualcuno nello spazio in noi stessi.

Per accogliere l’altro devo partire dalla stanza, cioè da chi sono io, e andare verso la costruzione dello spazio che implica anche momenti di silenzio.

Dare ospitalità all’altro non può inoltre ridursi a un atteggiamento generoso e paternalista, ma si tratta di lasciarsi fare e lasciarsi essere. Questa appare un’idea molto rischiosa perché sembra essere foriera di perdita di identità.
In realtà quando parlo di lasciarsi fare, intendo due movimenti: un cammino verso l’altro, che richiede di accettare e ricevere senza però rinunciare a noi stessi
Certo c’è un rischio, la messa in discussione e il cambiamento; ma non possiamo amarci senza rischiare, sapendo cioè che possiamo essere anche modificati da questa relazione.


E’ importante però varcare la soglia nei due sensi; se la soglia ci consente di uscire questa ci consente di ritornare in noi stessi. Rifugiarsi e raccogliersi è importante per chi si è esposto all’incontro con l’altro. Saremo modificati dopo l’incontro e allora rientrare in noi è una necessità per coltivare e preparare gli incontri futuri, senza perdersi.

Dobbiamo essere capaci di distinguere cosa risulta dall’incontro con un altro, che non è qualsiasi altro ma che deve rimanere unico.
Si tratta di preservare una verginità per accogliere lo sconosciuto, oltre ai tanti eventi, informazioni culturali che sono già intervenuti nella esistenza. È una verginità del respiro, del soffio che rende capaci di accogliere pur rimanendo fedeli al respiro.

In poche parole: incontrare l’altro senza dimenticare se stessi.

Come incontrare senza dimenticare noi stessi? Per fare questo siamo chiamati a un doppio ascolto: l’ascolto della parola che già abitiamo e la parola che ci indirizza l’altro.
Il nostro entrare in presenza uno all’altro non può aver luogo senza l’incrocio dei due ascolti che apre uno spazio interno ed esterno.

La prossimità si scopre allora con la elaborazione di un luogo comune che non distrugge il proprio mondo . Si realizza allora un mondo comune che è in divenire, e che si forma e modifica ad ogni incontro.
Si tratta allora di essere fedeli al passato e di costruire un futuro che non apparterà né all’uno né all’altro ma sarà frutto dell’incontro. Un mondo nuovo, come un figlio che incarna sia il padre e la madre: la relazione nuova incarnerà le differenze.

Ciò implica che tutta la nostra mente, corpo e cuore e non solo mente deve essere coinvolta.
Una disponibilità fisica e di cuore,  e non solo una realtà mentale. 
Laddove diamo ospitalità all’altro dobbiamo essere presente, non in modo ideale, frutto di comandamenti morali. La accoglienza deve rivolgersi a lui.
Il luogo da accogliere va allestito, e non si tratta di un livello materiale di bisogni.
Rispondere all’appello dell’altro circa i bisogni mostra certamente la nostra generosità e ci mette in causa, però solo a livello dell’avere e non ancora dell’essere. 

Certo ogni mutazione implica una specie di morte ed il rischio è più grande quando è in causa tutto l’essere e non solo l’avere. 
Ma senza questo l’incontro con l’altro rimane impossibile.





Primo incontro: Vedere la bellezza

La resurrezione dell’apostolo

Per cominciare a conoscersi meglio, attraverso il Signore, è decisamente una cosa buona vederci con il suo sguardo. Il comandamento evangelico di non giudicare non è infatti solo rivolto al prossimo. Certamente non è cosa buona giudicare il prossimo, ma anche il giudizio verso noi stessi rischia di essere davvero paralizzante: o ci si assolve o ci si condanna; in entrambi casi la tensione è verso una chiusura all’opera dello Spirito Santo.

Lo Spirito Santo è infatti il “paraclito “ cioè il parà-Kaleo, il chiamato vicino, ad-vocatus, avvocato. Dio non è un pubblico ministero, ma colui che fa la sua giustizia rendendo giusto l’uomo.

Un altro importante inganno è quello di sentirsi indietro, pensarsi in ritardo rispetto al cammino di fede. Le parole mortifere sono “ormai” e “fanno tutti cosi”. Una rassegnazione spirituale che spezza il fiato.

Iniziamo allora il nostro percorso prendendo in esame il brano del Vangelo secondo Giovanni, la apparizione a Tommaso. Dopo la Resurrezione di Gesù assistiamo a quella che possiamo definire la resurrezione dell’apostolo.



Vangelo Secondo Giovanni Capitolo 20

[24]Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. [25]Gli dissero allora gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il dito nel posto dei chiodi e non metto la mia mano nel suo costato, non crederò».
[26]Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c'era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, si fermò in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!». [27]Poi disse a Tommaso: «Metti qua il tuo dito e guarda le mie mani; stendi la tua mano, e mettila nel mio costato; e non essere più incredulo ma credente!». [28]Rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». [29]Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, hai creduto: beati quelli che pur non avendo visto crederanno!».


Considerazioni

Intanto Tommaso è detto didimo , che vuol dire gemello. Gemmello di chi? Gemmello di chi legge il Vangelo, di ogni credente. Occorre allora una certa simpatia per questo apostolo che molto spesso abbiamo considerato come esempio da non prendere in considerazione: “Essere come Tommaso”.
La scena che riguarda Tommaso si svolge otto giorni dopo la apparizione di Gesù ai discepoli. Tommaso era fuori dal cenacolo, forse era l’unico che aveva il coraggio di uscire e non si nascondeva, o anche è probabile che volesse un po’ di tempo per se. Possiamo immaginarci tante motivazioni che portano a stare lontani da una comunità. Ci può essere anche il desiderio di “prendersi un po’ d’aria” perché la comunità è troppo soffocante.

Ritorna e gli viene data la notizia della apparizione di Gesù. Gli altri discepoli sono entusiasti e vogliono trasmettere questa gioia al loro compagno. Sono quindi molto carichi e motivati, anche decisamente diversi da come li aveva lasciati Tommaso quando era uscito per i fatti suoi. Di fatto questi apostoli hanno avuto una esperienza che li ha cambiati ma questa nuova visione della vita non ha ancora raggiunto Tommaso. Cercano allora di persuaderlo, ma non ci riescono: Tommaso vuole vedere e toccare l’amore con i suoi occhi e con le sue mani, vuole fare lui la stessa esperienza.
Sembra un caso perso, forse alcuni degli apostoli avrà pensato veramente male di Tommaso, qualcuno avrà creduto che era ormai un caso perso.

Dopo otto giorni Gesù appare al gruppo degli apostoli e questa volta Tommaso è con loro. Tommaso ha la sua occasione!!!! Forse anche lui avrà pensato che per lui non c’era più alcuna possibilità: “Ormai per me è fatta, io sono fuori”.

Gesù invece acconsente a farsi vedere, sa che la bellezza va vista, va toccata. 
Tommaso cosa fa? Tende le mani verso .... no!!! Tommaso non tocca, ma vede il Gesù con il quale aveva mangiato, dormito, il suo compagno di vita per alcuni anno e dice: “Mio Signore mio Dio”. Rivede l’amico e lo riconosce Dio, anzi, il Suo Dio, quello con il quale avrà sempre un rapporto personale.
Vede la bellezza ma scende il profondità; la bellezza lo interpella e lui entra nella relazione vera. Non rimane un fatto estetico, che lo attrae, ma diventa una relazione stabile.

Cosa vede Tommaso? Guarda le ferite di Gesù? Certamente vede le ferite di Gesù, ma di fatto ha guardato in esse le sue. Gesù è l’amore che prende su di sé le ferite dell’amato


Che domande porci.

Tommaso è fuori dal cenacolo.
Senti il desiderio di un po’ di spazio nella relazione di coppia? O in generale nelle relazioni? Come le vivi, con senso di colpa, o con serenità’?
Quali sono le motivazioni che ti spingono a stare un po’ da solo?

Gli apostoli fanno una esperienza che Tommaso non vive personalmente

Ognuno di noi fa le sue esperienze personali. Non è detto che l’altra persona che sta con noi le viva allo stesso modo. Forse non le sta nemmeno vivendo. 
Come comunichi le tue esperienze? Come vivi la reazione dell’altro dopo avergliele comunicate? 
Quali metodo ti sembra più funzionale per fare vivere all’altro la tua esperienza? (Per Persuasione, per  Attrazione, Dando Esempio ....)
Se l’altro non ti capisce cosa pensi? (Non capisce niente/ Non mi capisce / non riesco ad immaginare che non possa capire .....ecc)

Se l’altra persona fa un percorso importante nella fede, tu ti senti indietro? TI senti escluso da quella esperienza o pensi a una differente possibilità

Tommaso vuole vedere la bellezza. Verrebbe da dire che Tommaso domandi: “Fammi vedere come mi ami”.
Come mostri la tua bellezza?
Come l’altro reagisce alle tue manifestazioni di bellezza?

Tommaso passa dalla bellezza alla relazione stabile, vede la bellezza ma poi scende in profondità
La bellezza del tuo partner dove ti porta? Cioè ti sei fermato alla esteriorità, fisica, intellettiva, caratteriale? In poche parole la bellezza dell’altro è un appello per te a crescere?
Cosa è stabile nella vostra relazione? 

Tommaso vede nelle ferite di Gesù le proprie.
TI stai facendo carico della ferite del tuo partner?
Le stai offrendo a Gesù? Oppure stai solo “stigmatizzandole”?






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